martedì 30 novembre 2010

Dicembre 2006



Non sapevo che la prima gravidanza si interrompe prima dei tre mesi più spesso di quanto immaginiamo. L’ho scoperto quando è successo anche a me. Il mio è stato un aborto interno. Credevo di essere ancora incinta e invece il mio bambino aveva smesso di crescere e il suo cuoricino aveva smesso di battere all’ottava settimana. Me ne accorsi solo alla decima.

Qualche macchia di sangue e una corsa dal dottore pensando che forse mi ero strapazzata e mi avrebbe messo un po’ a riposo. Invece la diagnosi fu implacabile. Il cuore non batte più. Non era più un piccolo bambino, un embrione a forma di gamberetto che però dentro di sé aveva già tutto.
Era materiale che bisognava rimuovere.

Ma il cuore non batte più? Lo chiesi due volte. E il medico, gentile e carino, mi rispose di no. Sembrava veramente dispiaciuto. Non potevo fare a meno di piangere e di disperarmi. Che cosa brutta che mi stava accadendo. Proprio a me.

Eravamo all’interno di una clinica. Il medico mi fece dare una stanza e mi disse che mi avrebbero fatto il raschiamento. Ma come, subito? Non possiamo fare domani? Volevo elaborare la cosa, pensarci su, trattenere il bambino ancora dentro di me.

Meglio farlo subito, mi disse lui.

Ma non sono vestita nel modo giusto, mi sporcherò la camicia. Non ho un pigiama.
Non sono pronta. Non sono venuta qui per farmi togliere il bambino, ma per capire come trattenerlo.

Facciamolo ora.

Va bene, tanto non sarò mai pronta. Stamattina aspettavo un bambino. Ero felice. Camminavo per la città guardando vetrine con calzini e lenzuolini. E mio marito era al settimo cielo.

Adesso è l’inferno. Non sono più incinta, il bambino è morto dentro la mia pancia.
Se n’è andato zitto, zitto, senza dare fastidio, senza farsi sentire.
Questa cosa mi fa più male di tutto il resto. Perché non mi hai fatto capire niente piccolino? Non potevo fare proprio nulla per trattenerti?

Durò tutto pochissimo. Ricordo il sorriso dell’anestesista, il sonno e il risveglio in camera. Mio marito mi teneva la mano e io volevo scomparire.

La notte in clinica fu terribile. Venivo continuamente svegliata dai vagiti della stanza accanto. Era appena nato un bambino e la mamma lo consolava e lo coccolava per farlo calmare.

Io piangevo zitta zitta e mi chiedevo perché stessi perdendo tutto quel sangue e dove fosse il mio bambino. Buttato in qualche cesta di rifiuti organici. Certo, era solo un gamberetto.

Dovete riprovarci subito. Ci dissero. Ci abbiamo messo un po’ (ma questa è un’altra storia) e oggi abbiamo il nostro cucciolo d’oro.

Ma non riesco a dimenticare il mio gamberetto. Che forse non era perfetto e per questo la Natura non lo ha fatto crescere, che aveva un cuore che batteva forte che poi si è fermato.
Il mio gamberetto se n’è andato ai primi di dicembre di 4 anni fa. Sembra ieri.

4 commenti:

lorenza ha detto...

Che bel post... Ho vissuto "da vicino", come amica e come parente, due situazioni simili, e in entrambi i casi è stato molto doloroso. A posteriori, posso dire che mi stupisce sempre la forza dell'andare oltre, ma quella ferita che sempre rimane... Spero che questo post possa aiutare chi sta vivendo questa esperienza!

Anonimo ha detto...

e' accaduto anche a me e ancora non trovo le parole per raccontarlo. però e' vero, è un dolore che ti resta dentro e anche se sembra che a volte stia scomparendo si ripresenta quando non te lo aspetti. ti saluto con affetto.
Lucia

Anonimo ha detto...

Ciao. A me è successo l'anno dopo. Un trauma che ancora oggi non riesco a superare. Ed era pure il secondo figlio. Grazie per questa condivisione. Emi

MammaNews ha detto...

@Lorenza. in realtà l'ho scritto per me questo post. questa malinconia veniva a coricarsi insieme a me da qualche sera e allora ho pensato di liberarmene sul blog :-)

@Lucia / Emi: vi abbraccio !